lineamontanas
JAMUHURI YA KENYA
Kenya
Marzo-Aprile 2019
Le persone, i loro sorrisi, l'informalità, le contraddizioni e la bellezza della natura.
Due mesi in Kenya non bastano per capire tutte le regole non scritte e le contraddizioni di una società così lontana e diversa.
Il diverso colore della pelle rende difficile avere un'esperienza "normale" della vita quotidiana.
Il Mzungu (lo straniero bianco) è la superstar del momento che crea eccitazione ma che è anche considerato il turista per eccellenza, un sacco di soldi con le gambe.
La maggior parte di questo tempo l'ho passato, però lavorando a stretto contatto con la comunità degli slum di Obunga, parte della città di Kisumu, approfondendo il modo di essere di questa realtà.
Qui abbiamo costruito un nuovo edificio per la Emmaus Blessed School per creare nuovi spazi per l'educazione dei bambini.
Le persone
Innati sorrisi.
Sembra che la felicità sia nata qui. I sorrisi delle persone, nonostante la loro condizione di estrema povertà, sono autentici, qualcosa di innato in ciascuno di essi.
Ho come la percezione che qui si viva tutto più intensamente, dalle relazioni, alla religione, alla partecipazione della popolazione nella comunità.
Hei Mzungu
How are you?
Tantissimi bambini con fare innocente ci salutano, sorridono e ci chiedono come stiamo (solo un mese dopo capiamo che oltre questa gentilezza, i bambini stavano imitando un personaggio televisivo che scimmiotta gli occidentali).
È difficile decifrare gli sguardi più adulti, molti sembrano non gradire la nostra presenza, siamo i Mzungu, gli stranieri, altri ci sorridono e sono visibilmente contenti.
Dietro questi comportamenti c'è da un lato la disillusione di tante promesse di miglioramento non mantenute e dall'altro la speranza di un aiuto.
La natura
La bellezza.
La natura e i suoi animali sono cosi importanti e influenti qui da finire persino sulle banconote.
Scarsamente densamente popolato il Kenya lascia la vista a paesaggi sconfinati in cui la l'occhio si perde all'orizzonte.
Il safari al Masai Mara, la riserva faunistica a metà tra Kenya e Tanzania ci rivela la natura in tutta la sua bellezza.
I colori sono più intensi e vividi, qualcosa che non avevo mai visto prima
e i pochi alberi della savana si aprono orizzontalmente per offrire un pò d'ombra.
Mentre un'antilope rimane esposta per vedere i cacciatori nascosti un ghepardo prende la rincorsa e ...
Nairobi
Kibera.
E' lo slum più grande dell’ Africa non troppo distante dall’area commerciale della capitale Nairobi. Due ragazzi dell’organizzazione Wale Wale ci “scortano” e ci fanno strada lungo le vie di questo quartiere dove le persone vivono con meno di un euro al giorno. Veniamo subito avvisati che è meglio non fare foto o quanto meno è meglio chiedere.
Le persone di questo luogo vivono in case di lamiera arrugginita o fango e la fogna sgorga nei fossati a lato della strada.
Ci sono alcune strade principali dove passano le macchine e un’infinità di viette secondarie che si articolano in modo labirintico tra le baracche ammassate una accanto all’altra.
La gente vive letteralmente sulla strada; alcuni fabbri saldano i pezzi di una cancellata, altri riempiono i loro bidoni gialli sbiaditi con l’acqua da trasportare, molti cucinano su quello che potrebbe essere un marciapiede e l'odore del fritto dei chapati si diffonde ovunque.
Siamo gli unici bianchi e l’aria è pesante, si percepiscono gli sguardi di tutti addosso a noi.
Walewale è un’associazione locale che si occupa prevalentemente dell’educazione dei bambini, di dare loro gli strumenti per essere il cambiamento e per trovare la propria strada.
Queste persone credono nell’educazione come mezzo per potere evadere dalla situazione in cui sono e internet e i computer gli permettono di collegarsi con tutto il mondo ampliando la loro visione di vita.
Passa
Parola.
Con questo biglietto il proprietario dell'ostello dove stavamo a Kisumu ci "raccomanda" ad un suo amico proprietario di un fast food nella città di Nakuru dove eravamo diretti. Quest'ultimo avrebbe dovuto aiutarci a trovare una sistemazione sulla base di amicizie locali.
Questo è il Kenya che più ho sperimentato: un network di relazioni fitto che nessuna guida su internet può sostituire.
Qualsiasi cosa tu abbia bisogno l'amico del parente dell'amico che al mercato mio padre comprò saprà come aiutarti a risolverla.
Pensare di organizzare un viaggio in modo preciso non è molto utile prima di arrivare qui (a meno che non andiate nei luoghi più turistici): molte informazioni non si trovano sul Web e i molti imprevisti che capitano tutti i giorni lo rendono ancora più difficile.
Fare affidamento sulle persone del luogo è fondamentale e l'ospitalità e gentilezza locale lo facilitano.
L'informalità
Surreale.
I mercati informali sono una delle principali risorse per una popolazione molto povera come quella keniota.
Ma sono anche una delle esperienze più vive e coinvolgenti che mi sia capitata per capire questo popolo. Molte ricerche in questo momento stanno cercando di spingere i governi a tutelare l'informalità se pur con regole perchè radicato nella cultura e nei modi di fare.
Oltre agli ambulanti a piedi, ai lati di molte strade, specie quelle più trafficate ci sono file di baracche che di giorno si aprono e invadono quello che potrebbe essere un marciapiede sterrato con i loro oggetti da vendere. Mobili, divani, porte, vesiti... è qui che molti dei commercianti lavorano e producono quel che vendono.
Regola n°1
Contrattare.
Per ultimi ci sono i mercati concentrati in un luogo specifico. Sono come grandi supermercati informali all'aperto.
Il Masai Market di Nairobi è a misura di turista. Difficile non risultare tali e per questo l'eperienza è ai limiti del paradossale.
Alcuni dei “mercanti” aspettano fuori e appena ci vedono passere ci trascinano letteralmente dentro chiamandoci my friend, my brother, cercando di venderci qualsiasi cosa a prezzi improbabili con tanto di sconti fasulli.
E' davvero un assalto in cui facciamo fatica a camminare senza essere fermati da tutti questi venditori.
Il bello viene quando c’è da contrattare. Tirano fuori un pezzo di carta stropicciato e scrivono il prezzo che viene poi cancellato ripetutamente per una nuova offerta. Alcuni ci provano e partono da 120 euro anche solo per una piccola scatoletta decorata che in realtà vale qualche euro, altri litigano tra di loro per offrire il prezzo migliore.
Questa situazione così caricaturale mi diverte molto a dire il vero, anche se a lungo andare nei due mesi il cercare di essere sempre fregati inizia a infastidire.
Kibuye
Market.
Kisumu nonostante sia la terza città più popolosa del Kenya non è molto turistica.
Qui si trova il Kibuye market, uno dei mercati all'aperto più grande dell'Africa orientale.
Qui è il centro della creatività e dell'ingengo che in situazioni di difficoltà cresce a dismisura.
Si può trovare veramente qualsiasi cosa in un continuo infinito in cui non si percepiscono i confini tra i diversi mercanti.
E' davvero grande e labirintico e se ne riesce a capire la logica solo dopo esserci andati due o tre volte.
La domenica poi è l'apoteosi della confusione, con mercanti che arrivano persino dall'Uganda e tantissime persone che circolano al suo interno.
Un'esplosione di colori di spezie, frutti e stoffe decorate dei numerosi sarti che si offrono di prendere le nostre misure.
C'è un centro per la raccolta differenziata e qualcuno sta sperimentando come produrre mattoni o carbone dai rifiuti.
Altri ridanno forma al metallo dei barili di petrolio trasformandolo in valige da viaggio di tutte le dimensioni e forme.
C'è un alone di mistero su quello che il Kenya e la sua cultura sono davvero. L'avere un'idea di questo paese dettata da notizie di giornali spesso drammatiche o dalla fama delle località turistiche porta ad averne una visione distorta, un pregiudizio che condiziona inevitabilmente ogni primo approccio con questa realtà. Parlo del senso di sicurezza: spesso ho avuto un sentimento di insicurezza a priori involontario perchè "quante cose succedono con queste tipo di persone" quando magari tutti erano li solo per divertirsi. Si ha come un senso di allerta costante nel momento in cui si passa per strada e si hanno tutti gli occhi puntati su sé stessi e tantissimi ti chiamano "Mzungu" per attirare la tua attenzione. Sicuramente non è un paese facile ma questi sentimenti sbiadiscono una volta che ci si fa l'abitutine e soprattuto se ne capiscono le logiche non scritte di come funzionano le relazioni.
Le comodità occidentali a cui si è abituati vengono quasi sfiorate nei luoghi turistici. E' un mondo dove esistono poche regole ufficiali. Ad esempio i prezzi sono fissi solo nei supermercati, hotel e ristoranti (guardacaso i luoghi che dialogano con una clientela internazionale), in tutti gli altri luoghi bisogna stare attenti a non farsi fregare perchè si deve contrattare. Oppure è normale farsi trasportare in due o tre persone su una moto senza casco. Siamo persino riusciti a costruire un nuovo edificio senza alcun permesso ufficiale.
Ho trovato però nelle persone tanta bontà e vitalità pura.
Un forte senso di comunità, soprattutto negli slum dove il vivere così ammassati e in condizioni difficili ha accresciuto la solidarietà e il concetto di prendersi cura degli altri si estende a creare grandi famiglie anche non sangue. C'è tanto da imparare.
C'è anche molto che si possa fare per contribuire alla loro crescita. La conoscenza e cultura popolare fa da padrona, e viene reiterata nel tempo in modo quasi dogmatico in assenza di un qualche tipo di esperienza o ricerca che possa offrire un'altra visione del mondo. Le donne sono relegate alla procrezione (mi prendevano in giro perchè non avessi ancora figli nè moglie), la religione non può essere messa in discussione e tutto accade perchè Dio l'ha voluto (ci hanno ribadito più volte che se non fosse stato per Dio non avremmo avuto le forze di costruire con le nostre mani quell'edificio); alcuni persino passavano intere giornate a pregare perchè il Messia stava arrivando per punire tutti e il segnale evidente era il ritardo della stagione delle piogge.
Quello che più mi è dispiaciuto vedere è che quasi tutte le persone che ho incontrato accettavano la loro condizione di povertà senza avere desiderio di cambiamento. Questo non era dettato dalla disillusione di riuscire a cambiare vita ma più dal fatto che la società era andata avanti così per tantissimo tempo .
Il Kenya è un luogo dai paesaggi mozzafiato con una natura dominanete ancora incontaminata e una sfera sociale in cui vale veramente la pena immergersi e farne tesoro.